Racconti paralleli. Non solo dislessia: un protagonista, tanti attori

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Questo libro arricchisce il vasto repertorio di riflessioni su di una particolare differenza, la dislessia; e lo fa ricorrendo all’espediente non casuale della narrazione autobiografica: scelta questa rispondente a precise istanze teoriche, che fanno coincidere la nostra identità con la narrazione della nostra vita, costruita in interazione con gli altri significativi e attingendo a repertori culturali condivisi. Da qui “Racconti paralleli”, da qui la scelta di accostare le testimonianze di ragazze e ragazzi che la dislessia la vivono in prima persona a quelle di genitori, fratelli e sorelle, insegnanti, psicologi… tutti coloro che con questa particolarità (neurodiversità, la chiama qualcuno) devono fare i conti. I “racconti” sono riportati così come sono stati prodotti, senza modifiche o commenti, lasciando al lettore l’onere dell’analisi e dell’interpretazione. Diversi sono i vissuti, diversi, per i protagonisti, i modi di guardare a questa loro diversità: dal rifiuto di Arianna (“mi dispiace moltissimo avere un DSA […] . Io ho fatto tutto come se non lo fossi, non sono nemmeno sicura di esserlo”), al tentativo di porre una distanza tra la dislessia e il proprio sé (“Immagina di doverti trascinare dietro sempre, in ogni momento, una cicciona di 300 kg sulle spalle”, scrive Andrea) fino alla completa integrazione nel proprio sé, che si realizza generalmente solo in età adulta. Se consideriamo poi che il tentativo di costruire la propria identità attraverso la narrazione non avviene “in uno spazio vuoto” ma in un contesto di interazione con altri più o meno significativi e diversi livelli culturali, possiamo apprezzare appieno la scelta di presentare una stessa storia da diverse prospettive e accostando le narrazioni dei diversi soggetti coinvolti: perché in conclusione è proprio dal comune agire di questi ultimi (la famiglia, gli insegnanti, le figure professionali della sanità e ovviamente il ragazzo stesso) che deriva la possibilità di valorizzare la diversità e non vederla degenerare in situazioni di disagio.

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