Dislessia: proviamo con le sillabe

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I sistemi di scrittura si dividono in ideografici, sillabici e alfabetici. Il libro propone di trattare l’Italiano scritto come una lingua sillabica. Questo approccio, che può apparire controintuitivo (“ora i bambini invece di 21 lettere… dovranno imparare quasi 2000 sillabe”) presenta però alcuni vantaggi: prima di tutto, ed è forse il più evidente, aumentando la granularità del sistema di scrittura aumenta parallelamente la consistenza, anche in una lingua già ad “ortografia trasparente” come l’Italiano. Ma c’è dell’altro: mentre la scomposizione in fonemi della parola è un’abilità che compare solo a seguito dell’esposizione alla lingua scritta, le abilità metafonologiche necessarie alla scomposizione in sillabe sono già a disposizione dei bambini in età prescolare (e degli adulti non alfabetizzati): un aspetto di non secondaria importanza se si considera che proprio i deficit metafonologici possano avere un ruolo nella dislessia, pure in una prospettiva non rigidamente causale e lineare (si pensa piuttosto ad un reciproco mappaggio tra segmenti orali e segmenti scritti). Si tratta quindi di un approccio che potrebbe dare buoni risultati in sede riabilitativa, ma anche nella normale didattica di classe. Dopo un’introduzione teorica, la seconda sezione del libro presenta appunto i dati relativi alla sperimentazione del Metodo come approccio sia riabilitativo che didattico. I risultati sembrano incoraggianti: ad esempio “in seconda elementare i bambini che hanno imparato l’Italiano scritto tramite il metodo sillabico sembravano essere più bravi … nella scrittura di non parole”.

Per capire poi meglio in cosa consista il Metodo bisogna passare alla terza parte del libro, che attraverso un’ampia gamma di giochi ed esercizi ci porta dall’apprendimento delle prime sillabe fino alla scrittura di semplici testi. 

Non si tratta ovviamente di rinunciare alla scrittura fonematico-alfabetica, ma di non anticiparla, non insegnarla esplicitamente, aspettando che essa, come ipotesi, sorga dai bambini stessi, e di accoglierla. Fino a quel momento è però necessario aspettare.

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