Le pagine di me

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Un buon personaggio letterario è quello che possiede un need forte, ovvero un bisogno, un motivo per stare “sulla scena”. Così, di fronte ad un nuovo personaggio dobbiamo chiederci: qual è il suo need, il suo bisogno, la sua motivazione? E cosa dire nel caso in cui l’autore parli di sé stesso in prima persona, com’è il caso di questo libricino? Cosa spinge qui l’autrice a scrivere? Certamente la volontà di “far conoscere la sua persona”, di mostrare il suo io più profondo, oltrepassando le apparenze esteriori. Anastasia è affetta da una grave disabilità, che le impedisce di parlare e la costringe ad utilizzare una tastiera per comunicare. Ma qui la magia della scrittura consente di mettere tutto ciò in secondo piano, rendendo trasparente il suo mondo interiore. Scopriamo così una ragazza che come tutti noi sogna il grande amore, e ha atteso con ansia la festa per il diciottesimo compleanno. Una ragazza come tante e allo stesso tempo unica, com’è unico ciascuno di noi. Cosa ci colpisce dunque tra queste “Pagine di me”? Prima di tutto la sua caparbia determinazione, che sconfina nella testardaggine (“Sono Anastasia, la ragazza più testarda ed egocentrica del pianeta”). “La mia gara è la vita”, ci dice, e il suo è quasi un atto di sfida: “gioisco molto quando invece penso che chi vivesse per vedermi a terra, ora si trova a terra più di me”. E ancora: “Io non sono il tipo di persona che cede al nemico anzi, lo abbatte!” Tutto ciò nella consapevolezza che ogni sfida si può vincere, a patto di versare “litri e litri di sudore”: inutile dunque piangersi addosso!

Ma non è tutto qui. Queste “Pagine di me” contengono anche una dichiarazione d’amore alla propria famiglia, al padre, alla sorella, e sopra tutti alla madre (“La mia mamma è una forza della natura! Colei che più di ogni altra persona al mondo ha creduto e lottato per me”), e senza dimenticare il cane Billy, un “membro speciale della famiglia” E ancora: c’è l’amore per la musica e per Dio, al quale si apre la speranza “quando la malattia regna nel corpo, un Dio che dà amore, rasserena e dà sogno”. Forse proprio da questo profondo sentimento religioso nasce un messaggio di ottimismo che in ultimo tocca e dà coraggio a tutti noi, credenti e non. L’autrice ci sollecita a guardare il tramonto, con la consapevolezza che porterà a una nuova alba, a guardare sempre il lato positivo, a sognare luminose anche le cose brutte, “così rischiareranno il bello”. Perché la sofferenza esiste, certo, ma se c’è chi “con la sofferenza si apre le porte per il declino”, c’è anche chi “con essa si spinge verso il rinnovamento”.

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